Agnelli:«Diffidiamo degli investitori stranieri che pensano solo a speculare.»


Per chi ha studiato formandosi accademicamente nel prestigioso St. Clare's International College di Oxford non c'è bisogno di traduzione (se non in lingua araba... ) poiché il suo inglese è perfetto al pari dell'italiano. Ed è utilizzando l'idioma di Shakespeare che il presidente juventino Andrea Agnelli ha tenuto banco al Globe Soccer in una sessione dal titolo "Smart investment", investimento intelligente. Al suo fianco il kuwaitiano Fawaz Mubarak Al Hasawi, da due anni presidente del Nottingham Forest, la storica società degli "arcieri di Robin Hood" che vinse due Coppe Campioni consecutive nel 1979 e '80 prima di precipitare addirittura in Terza Divisione. Ora è il "Forest" è decimo (su 24 squadre) nella Championship, la Serie B inglese, e sta risalendo gradualmente la china grazie appunto ai capitali arabi. A completare i partecipanti al "panel" ecco il "chairman" della Lega degli Emirati Arabi Uniti e il vice presidente della potentissima linea area Emirates, Boutro Boutros.


Lo stadio di proprietà Il massimo dirigente bianconero, nel raccontare il progetto Juventus (dal rilancio alla consolidazione del "brand" attraverso i risultati sportivi prima di tutto) ha ribadito che la crescita della sua società è legata sì ai successi sul campo ma partendo dall'edificazione del nuovo stadio di proprietà. «Quando io sono entrato stavamo attraversando un momento difficile. La prima cosa che ho voluto fosse subito recepita, è stata quella di mettere il calcio al centro del progetto, delle
operazioni e delle attività. Quindi la costruzione dello Juventus Stadium con tutto il suo indotto e parallelamente l'aumento del capitale sociale a 110 milioni di euro. E ancora gli investimenti in persone e risorse secondo la filosofia del "tutti utili ma nessuno indispensabile”. E ancora la ricerca dei talenti perché sono i giocatori che scendono in campo, sono loro i protagonisti».

Saturazione al 93% A proposito dello Juventus Stadium, il presidente ha puntualizzato che «l'impianto, con una capienza di 41.000 spettatori, è ormai giunto a una saturazione del 93 per cento. Il nostro obiettivo è quello di avvicinarci il più possibile al traguardo del 100% anche se siamo consapevoli che i posti vuoti sono essenzialmente quelli del "settore ospiti". Il fatturato del 2010 era di 170 milioni e ora supera i 300. Cifre confortanti, che ci inorgogliscono, così come i nostri ottimi risultati sportivi. Ma non basta ancora. Dobbiamo crescere ulteriormente se vogliamo recuperare il "gap" con le grandi leghe europee come Premier, Liga e Bundesliga».

Capienza e redditi La riflessione di Andrea è amara ancorché centrata: «La nostra Serie A era il campionato dei fuoriclasse, un torneo fantastico, mentre oggi siamo considerati un luogo di transito soprattutto per i calciatori più ambiziosi. Non possiamo confrontarci con chi ha strutture di ben altra capacità. Il nostro campionato ha impianti con età media di 64 anni e non regge il confronto con chi ha sviluppato arene moderne, confortevoli e più capienti. Il calcio è uno spettacolo. Un po' come andare a teatro. Ma ve l'immaginate uno spettacolo in un teatro vecchio di oltre sessant'anni? Il Chelsea ha una capacità doppia di vendita di biglietti rispetto alla Juventus e in Germania il reddito medio è più alto rispetto all'Italia, quindi il problema non sono solo gli stadi. E i progetti impiantistici di Udine e Sassuolo sono a budget limitato».

Scenografie Elogi, invece, ai rivali sportivi della Roma: «Il club giallorosso sta per compiere un passo importante con il progetto del nuovo stadio. E in generale noi dobbiamo provare a tutti i costi e in tutti i modi a rilanciare il calcio italiano. D'altra parte, pur incassando 1 miliardo e 200 milioni di diritti tv, siamo preoccupati nel vedere che chi non tifa, all'estero, sceglie le partite con scenografie migliori delle nostre. Conta tutto, sono sfumature».

Speculazioni Per la Juventus i tre punti di crescita passano dall'Indonesia, dalla Cina, dalla Thailandia, delle Americhe, dall'Africa sub-sahariana: la geografia delle intenzioni che anticipa lo sbarco delle nuove iniziative per un club che sta migliorando le prospettive di incasso anche sul fronte delle sponsorizzazioni: previsti 30 milioni in più nei prossimi due anni. Agnelli diffida invece degli investitori stranieri: «Io sono contro coloro i cui investimenti risultano poi vuoti, fine a se stessi.
Progetti che possono sembrare attraenti, ma che poi non lo sono più perché non vogliamo che ci sia speculazione. Noi siamo per progetti seri a medio-largo termine. Gli investimenti a livello internazionale devono essere soprattutto utili e costituire un valore aggiunto». Una frecciata a Thohir? È una nostra interpretazione. Il presidente della Juventus, in effetti, non nomina mai né l'Inter né il suo presidente.

Aiuto... celeste Dal canto suo Emirates ha chiarito di considerare i propri investimenti nello sport un piccolo impegno se valutati in raffronto ai reali ricavi e che il bilancio del dare ed avere è ottimo. Sono 800 all'anno; la sponsorizzazione dello stadio di Londra un affare, così come le esperienze con Ronaldo e Pelé o gli accordi i con Milan, Real Madrid e le altre grandi squadre. «Vogliamo toccare tutte le città del mondo», ha detto l'alto dirigente della compagnia aerea. Ben venga l'aiuto, tanto più se proviene dall'alto...


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